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All’ingresso di Pieve Santo Stefano c’è un cartello giallo con su scritto "Città del diario" che per anni ha attirato...

All’ingresso di Pieve Santo Stefano c’è un cartello giallo con su scritto “Città del diario” che per anni ha attirato visitatori incuriositi da quella scritta, che hanno varcato la soglia del portone del Palazzo Pretorio e salito i “sedici gradini” convinti di trovarsi all’interno di un museo o di una esposizione museale. Si sono trovati, invece, davanti a una fila di cartelle rosse o verdi con i testi suddivisi per anni di invio e in ordine alfabetico. Tesori celati alla loro vista, compreso il Lenzuolo di Clelia Marchi che fino al 2013 era ripiegato in una teca ed esposto solo una volta l’anno, nelle tre giornate del Premio Pieve.

Per anni, personale e collaboratori dell’Archivio hanno tirato fuori diari dalle cartelline e raccontato le storie ad esse connessi. Storie che a volte riguardano il racconto del testo e a volte il come quel testo è arrivato a Pieve. Accanto al Lenzuolo si è materializzata l’esigenza di esporre altri manoscritti e dare spazio ad altri racconti autobiografici. È da qui che abbiamo iniziato a condividere e narrare storie e lo facciamo ancora nelle stanze del museo.

 

Quando Mario Perrotta è entrato in Archivio per la prima volta ha immaginato che l’ordinamento alfabetico imponesse ai diari molti accostamenti azzardati: un partigiano vicino a un fascista, una suora accanto a una prostituta. L’Archivio all’epoca stava cercando una persona alla quale affidare la stesura del libro che raccontasse la storia dei suoi primi 25 anni. Era il luglio 2007 e Il paese dei diari uscì per Terre di mezzo nel settembre 2009.

Il libro di Perrotta è la principale fonte di ispirazione per i dotdotdot e la loro progettazione del Piccolo museo del diario. Il visitatore troverà molti passaggi della narrazione a partire dai diari che di notte lasciano il proprio posto nello scaffale svolazzando via alla ricerca di storie affini e facendolo creano “confessionali fatti di sussurri e mormorii”, quel “fruscio degli altri” che ha dato origine alla prima installazione del museo. La stessa figura di Saverio Tutino esce dalle pagine de Il paese dei diari per conquistare un posto d’onore nel museo. Ed è, questa, una storia che ha a che vedere con la distruzione del paese del 1944. Perché come scrive Perrotta, non fu Saverio a scegliere Pieve, ma Pieve a scegliere Saverio.